
Foto di Paolo Raeli
Alessio bondì
Alessio Bondì è un cantautore siciliano.
La sua poetica offre uno sguardo nuovo ed emozionante sul dialetto, eletto come lingua del profondo, mai confinato a contesti meramente tradizionali né considerato lingua di serie B.
Nel suo debutto, Sfardo (2015, 800a Records/Malintenti Dischi), Bondì si confronta per la prima volta col dialetto di famiglia, il palermitano, che lo accompagnerà nel resto della sua produzione. Ne viene fuori un ritratto in dieci tracce scandito da chitarre arpeggiate e versi poetici che ripercorrono ricordi d’infanzia, racconti di coltello dai bassifondi, ninnananne, filastrocche e modi di dire a cavallo tra folk e funk acustico. La voce narrante è ricca di un lirismo poetico e di un tono teatrale che Bondì ha affinato durante i suoi studi d’arte drammatica a Roma. Viene definito dalla stampa “una via di mezzo tra Jeff Buckley e Rosa Balistreri”.
Nivuru (2018, 800a Records), il suo secondo album, è il frutto di viaggi e confronti con altre lingue e culture musicali. Alla sua seconda prova Bondì sperimenta una miscela di chitarra arpeggiata, ritmi afro-funk e suggestioni provenienti dall’America del Sud, pur non disdegnando ballate dal sapore soul. La tracklist di nove brani è percorsa da sensualità ed angosce, sprofondamenti e picchi lirici, supportati da una band ben affiatata con cui Bondì presenterà il disco in giro per l’Europa.


Il terzo album, Maharìa (2021, 800a Records), racconta l’esperienza amorosa vissuta come una sorta di stregamento. L’intero concetto del disco è influenzato dalla magia popolare siciliana con le sue maharìe, veri e propri riti voodoo, fataciumi (incantesimi) e licantropi di quartiere.
Un’orchestra di archi e fiati diretta dal giovane maestro Alessandro Presti sposa la chitarra classica di Bondì, e in un periodo di forti rischi e limitazioni come quello pandemico, presentano insieme il disco con un’orchestra di 20 elementi.
Al terzo album segue un periodo di studio e ricerca della musica arcaica siciliana. Bondì e il suo gruppo di lavoro si imbattono in alcuni documenti sonori realizzati da etnomusicologi durante la seconda metà del ‘900 in Sicilia che immortalano le voci di carrettieri, contadini, salinai, lamentatori, cantastorie ciechi e altri artisti popolari.
Insieme scoprono, sepolta dentro archivi polverosi, quella che era la musica siciliana fino a qualche decennio fa, prima che venisse quasi completamente rimossa dalla memoria collettiva.
Il corpo a corpo con questa materia grezza scuote profondamente il cantautore. Da quelle registrazioni emerge una Sicilia completamente diversa da quella proposta dai media o rielaborata dai gruppi in costume folkloristici. Sicilia ancestrale, selvaggia, accecante.
Questa ricerca essenziale ha portato alla fondazione del collettivo Lero Lero, all’interno del quale i componenti studiano quel codice musicale dimenticato o poco valorizzato, fatto di modalità di canto, scale e ritmi, timbri e versi. L’obiettivo è restituirlo ai contemporanei attraverso un gesto di riappropriazione comunitaria, che metta in evidenza il senso di meraviglia e di perdita ineluttabile per chi approcci questa materia.
L’album Runnegghiè (2024, Maia/Ada Music), quarto in studio per l’artista, è frutto di anni di elaborazione di un immaginario siciliano intimista, che faccia tesoro della grande lezione del pop contemporaneo e dello studio della musica di tradizione orale.
La scelta del dialetto ha sin da sempre connotato la musica di Bondì in maniera identitaria. Tuttavia, da qualche tempo, l’artista avvertiva la necessità di creare un suono che fosse inequivocabilmente siciliano e allo stesso tempo attuale.

Con questo disco, Bondì realizza un mondo sonoro fatto di estremi opposti, denso di atmosfere violente e dolci, cupe e gioiose, con accenni al mondo della tradizione e dell’agiografia locale, ravvivati da un sentire contemporaneo.
La produzione di Fabio Rizzo, già produttore di tutti gli altri LP del cantautore, esalta una Sicilia fatta di tamburi rituali, lamentazioni e chitarre mediterranee, con un piede nell’arcaico e l’altro nel beatmaking.
Il dialetto diventa chiave per un’emozione condivisa, comunitaria, che consente di trascendere il proprio sé per giungere ad un’estasi collettiva, pre-linguistica, in cui non importa più chi si è, ma soltanto arrivare a disperdersi negli Altri, nella Musica, nel Tutto.
Alessio bondì
is a singer-songwriter from Palermo, Italy.
His songs offer a new and exciting perspective on the Sicilian dialect, which he privileges as a key to the unconscious—never confined to purely traditional contexts nor considered a second-rate language. Sfardo (2015), his first album, blends folk guitars with poetic lyrics about childhood and suburbs. Although his debut album showcased his solo classical guitar and hypnotic vocals, Bondì’s second record (Nivuru, 2018) toured around Europe accompanied by a brass band mixing afrofunk rhythms with dark and soft lyrics about sex and anguish. On his third album, Maharia (2021) an orchestra arranged and directed by Alessandro Presti enlightens soulful vocals and romantic lyrics. After the pandemics Bondì took a break to research the Sicilian oral traditional music listening to archive’s field recording, learning old tunes and lost repertoire and ways of singing. This experience led to Lero Lero, a collective of artists that brings this music to life again with a contemporary touch. With his fourth album, Runnegghiè (“Everywhere”), Bondì creates a world of extreme opposites, dense with darkness and joy, sweetness and violence, with references to the Sicilian oral tradition, enlivened by a contemporary touch.
The production by Fabio Rizzo, who also produced all of the singer’s previous LPs, highlights a Sicily marked by ritual drums, lamentations and Mediterranean guitars, with one foot in the archaic and the other in modern beatmaking.
Runnegghiè’s mix of dialect and traditional and contemporary sounds becomes the key to a shared, communal emotion, allowing the listener to lose his inner self in a collective ectasy, beyond any language.